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Storie di confine: Piccolo capo bianco

Storie di confine: Piccolo capo bianco

Per la rubrica “Libri di confine”, che vi abbiamo presentato QUI, oggi Elena di @elena_bookpractist ci racconta un romanzo che invita a porsi verso gli altri con quella giusta dose di curiosità che porta all’ascolto e al confronto, aiutandoci a superare i pregiudizi

Piccolo Capo bianco

Voglio inaugurare la mia rubrica sul blog Ascoltando le figure con un libro a cui sono molto legata: Piccolo capo bianco di Guido Sgardoli.

Sgardoli è una delle voci narrative italiane più abili e appassionanti, capace di coinvolgere con i suoi romanzi adulti e ragazzi. Questo libro, pubblicato per la prima volta nel 2010, è stato recentemente ripubblicato da Bur nella collana Argentovivo.

Trama

Piccolo capo bianco, ambientato negli Stati Uniti al tempo della guerra civile, ha come protagonista Amos Wever Archer, 12 anni, personaggio ispirato alla figura di Caspar Collins.

Il romanzo si apre proprio con le parole di Amos che racconta la propria vita con la famiglia in Ohio: un’esistenza tranquilla, fatta di calore, amicizia e una buona educazione.

Il futuro, all’epoca dei miei dodici anni, era un foglio bianco su cui spargere forme e colori – racconta Amos nelle prime pagine del romanzo.

Arriva la guerra e il ragazzo, sebbene giovanissimo, vuole partire: il padre organizza un reggimento, ne diventa il comandante e acconsente che Amos si arruoli. Tuttavia il reggimento Ascher non è destinato ai campi di battaglia, bensì ai territori di frontiera, abitati dai nativi americani.

Giungono a Fort Laramie, “[…]il baluardo estremo della civiltà bianca dell’ovest. Oltre ad esso, soltanto natura selvaggia e Montagne Rocciose”.

Qui Amos inizierà la conoscenza dei Sioux, di cui apprezzerà subito gli usi e i costumi e comprenderà, insieme al padre, la ricchezza di questo popolo e insieme a lui ne visiterà i villaggi e farà amicizia con Ah-ho-appa, Foglia che cade.

In un momento di grande lucidità, sarà il padre a dire ad Amos:

Penso che siamo dalla parte sbagliata figlio mio. Siamo sulla terra di questa gente, cacciamo i loro animali, usiamo il loro legname e l’erba della loro prateria, portiamo via il loro oro, calpestiamo i loro sentieri. Gli indiani erano qui molto prima di noi. L’errore che commettiamo è quello di pensare che dovrebbero assuefarsi ai nostri costumi, al nostro stile di vita e non viceversa. E per quanto noi si sia deformati e limitati dalla religione del commercio, della manifattura, dell’agricoltura e tutte queste cose siano essenzialmente mezzi, non fini, tuttavia continuiamo a considerarci l’esempio posto al centro del mondo, il faro a cui tendere.”

Perché vi consiglio questo libro?

Un invito ad abbracciare la diversità e abbandonare il disprezzo e il sospetto di cui invece sono pieni gli altri soldati del reggimento. L’epilogo del libro non è un segreto: dalla pagina iniziale del romanzo attraverso un documento ufficiale veniamo a sapere cosa accadrà al protagonista.

Il romanzo è documentatissimo e sebbene la trama sia ovviamente di fantasia, la cornice degli avvenimenti è storicamente accertata. Piccolo Capo Bianco con il suo alto livello di scrittura, rientra a pieno titolo in quella categoria di libri che non hanno età. Si tratta anche di un’opera molto coraggiosa per la tematica che affronta, così distante a livello temporale dai lettori contemporanei, ma al tempo stesso sempre di grande attualità. La curiosità, il desiderio di indipendenza, l’accettazione dell’altro e del diverso, lo scontro tra illusioni adolescenziali e la durezza della realtà: tutto contribuisce a rendere questo romanzo un’opera meravigliosa e completa. Un romanzo da leggere.

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